Manziana è un piccolo comune che si trova a poca distanza da Roma nei pressi del Lago di Bracciano, rinomato per i suoi boschi e per un fenomeno geologico legato all’attività vulcanica chiamato Caldera di Manziana, è un po’ meno noto per il fatto di aver dedicato la sua piazza principale ad un politico italiano totalmente dimenticato ma che è stato uno dei protagonisti delle vicende del Dodecaneso. Parliamo della piazza Tommaso Tittoni (16 novembre 1855 – 7 febbraio 1931) , egli fu un diplomatico (Ministro degli Esteri e per un brevissimo periodo di 12 giorni Presidente del Consiglio dei MInistri) fu anche presidente del Senato dal 1919 al 1929. L’accordo che egli concluse con il governo greco di Venizélos nel 1919 di cui raccontiamo in dettaglio più avanti fu considerato poi dai nazionalisti panellenici un tradimento della parola data da parte dell’Italia, l’opposizione panellenica e dodecanesina avrebbe sempre utilizzato questo argomento per dimostrare la slealtà italiana. In realtà l’accordo segreto Tittoni – Venizelos sarebbe stato stravolto dai successivi avvenimenti di cui la Grecia si sarebbe resa responsabile in primis. Alla conferenza di pace di Parigi del 1919, il capo del governo greco, Eleutherios Venizelos, fa dunque pressione sugli Alleati per attuare il suo sogno di una “Grande Grecia” (la Megali Idea), che comprenderebbe l’Epiro settentrionale, la totalità della Tracia e l’Asia minore, in qualche modo andando a ricreare il “nocciolo duro” dell’antico Impero bizantino. A contrastarlo, la delegazione italiana, stupefatta che i suoi «interessi in Vicino Oriente» non siano più ormai riconosciuti dalle altre grandi Potenze, e ciò in violazione degli Accordi di San Giovanni di Moriana, la quale decide di abbandonare il tavolo dei negoziati. Durante l’assenza degli italiani, che dura fino al 5 maggio, il primo ministro britannico David Lloyd George giunge a convincere la Francia e gli Stati Uniti d’impedire a Roma d’intervenire in Anatolia occidentale. L’esercito greco potè dunque sbarcare in tutta tranquillità a Smirne il 15 maggio 1919 ma questo avrebbe determinato la conseguente guerra con la Turchia sino al 1921 vinta da quest’utima.
L’ Accordo Tittoni-Venizelos
Da Ministro degli Esteri nel Governo Nitti, il 29 luglio 1919 Tittoni concluse un accordo segreto con il governo greco di Eleutherios Venizelos, in modo da poter coordinare il comportamento greco alla Conferenza di pace di Parigi sulla questione albanese e contenere le ambizioni della Serbia.
Con l’istituzione del regno dei Serbi, Croati e Sloveni, l’Italia si vedeva nuovamente minacciata nell’Adriatico, così la sicurezza in quel mare divenne il leitmotiv del comportamento italiano alla Conferenza di pace e negli anni immediatamente successivi: Roma non poteva tollerare, dopo aver eliminato il pericolo austriaco, di ritrovarsi con un’altra minaccia alle sue coste. Gli slavi infatti si erano ingranditi notevolmente, mentre il Governo italiano aveva stimato che al massimo il loro allargamento si sarebbe limitato al Montenegro.
Per contrastare gli jugoslavi, che godevano dell’appoggio del presidente statunitense Woodrow Wilson, Tittoni concluse l’accordo con i Greci: la Grecia avrebbe appoggiato le richieste italiane di un mandato in Albania[8] e dell’annessione di Valona, mentre l’Italia avrebbe acconsentito a rettifiche territoriali nel nord dell’Epiro e appoggiato la Grecia per l’annessione di territori già facenti parte dell’Impero ottomano (Epiro, Macedonia, Tracia meridionale). Inoltre, l’Italia s’impegnava a cedere progressivamente alla Grecia le isole del Dodecaneso, che aveva strappato alla Turchia nel 1912.
L’accordo era evidentemente sbilanciato a sfavore dell’Italia, in quanto l’Albania era stata riconosciuta come Stato indipendente sin dal 1912, e non aveva partecipato alla prima guerra mondiale; di conseguenza, la limitazione della sua sovranità, da parte dell’Italia, produceva un altro caso di violazione del principio di nazionalità, nel settore balcanico, scoprendo ulteriormente il fianco alle critiche concernenti un presunto imperialismo italiano. La Grecia, al contrario, si garantiva l’appoggio per l’annessione di territori già facenti parte dello sconfitto Impero Ottomano, parte dei quali conquistati proprio grazie al sacrificio dell’esercito italiano.
Il mese successivo, i Greci resero pubblico l’accordo. Le conseguenze furono disastrose per l’Italia, che fu costretta a fronteggiare una rivolta anti-italiana a Valona, mentre il Governo filo-italiano nell’Albania del Sud, con sede a Durazzo, veniva rovesciato; nel frattempo, a Tirana si installava un Governo ostile all’Italia. L’espansione della rivolta di Valona, che vedeva la guarnigione italiana assediata, portò Carlo Sforza, Ministro degli Esteri nel successivo Governo Giolitti V a denunciare l’Accordo Tittoni-Venizelos e a concludere un trattato di amicizia con gli Albanesi (2 agosto 1920); il trattato sancì l’abbandono di Valona, pur mantenendo l’isolotto di Saseno, a garanzia del controllo militare italiano sulle due sponde del canale di Otranto.
Tittoni appoggiò Mussolini nella Marcia su Roma, ebbe diverse cariche prestigiose durante il fascismo e fu membro del Gran Consiglio.