Più o meno così deve essere apparsa la colonna dei Panzer IV all’incrocio della strada da Salacos con la nazionale costiera in località Casalogna (Settore difesa Villanova) quel 9 settembre alle 18.
Il Panzer IV pesava 28 tonnellate, aveva un cannone da 75 mm., due mitragliatrici da 7.92mm, era lungo poco meno di 9 metri, largo 3 e alto altrettanto, insomma una vera e propria fortezza semovente. In Russia, in Africa e sul fronte europeo questo carro e le più famose versioni successive come il carro Panzer V fu il simbolo della potenza tedesca.
Questo soldato tedesco traguarda un bersaglio dietro al cannone anticarro da 5cm.Panzerabwehrkanone 38, abbreviato 5 cm. PaK 38 L/60. Un pezzo di questo tipo noto come anticarro da 50/64 era stato consegnato al 9.0 Regg.to fanteria Regina. pochi giorni prima dell’armistizio. Quattro militari della 13.a Compagnia Difesa Costiera, 9.o Reggimento fanteria, si trovavano dietro questo cannone alle ore 18 di quel fatidico 9 settembre. Essi erano i soldati Crociani Giuseppe, Vecchi Giuseppe, Tosi Giordano tutti della classe 1923 comandati dal sottotenente di complemento Giovanni Battaglia classe 1923.
Il sottotenente di complemento Giovanni Battaglia in una fotografia del 10 gennaio 1943 appena ricevuto il grado. Giunse a Rodi il 29 giugno 1943 sul piroscafo “Re Alessandro” da Atene e fu subito assegnato alla 13.a Compagnia Difesa Costiera. Alloggiato in una casupola nei pressi dell’incrocio della strada per Calavarda riceveva una modesta razione alimentare giornaliera e passava le sue serate in solitudine leggendo il libro “E le stelle stanno a guardare” di Cronin.
9 settembre 1943
Dopo l’arrivo di un trafelato caporalmaggiore verso le 17, che comunicava un poco chiaro ordine di resistere ai tedeschi apprendono che il 2.o Battaglione si è arreso insieme al magg. Davià, comandante del loro settore di Calavarda, inutilmente Battaglia gira la manovella del suo telefono da campo per chiedere istruzioni il telefono è muto. Con sgomento si accorgono che gli altri militari dei pezzi circostanti sono scomparsi. Si guardano in faccia e Battaglia chiede “che volete fare? Rimanete?” non c’è esitazione quando i tre fanti annuiscono con il capo. Non c’è molto da pensare perché dopo una qualche tempo appaiono delle sagome scure sulla strada da Salacos.
L’incrocio della strada costiera con quella proveniente da Salacos fotografato nell’agosto 2009. Da questo punto lo s.ten, Battaglia ed i suoi soldati spararono sui Panzer tedeschi.
Sono carri armati Panzer Mark IV, mostri di 28 tonnellate armati di cannoni da 75 mm, il rumore dei cingoli è agghiacciante così come terrificante è la loro massa verde scura che occupa tutta la strada. I quattro uomini sono accucciati dietro l’esile schermo del loro cannone immobile e perfettamente visibile al lato della strada. In quel momento Battaglia rivede mentalmente le istruzioni ricevute alla scuola di artiglieria, attendere che il carro si avvicini quanto più possibile minimo 200 metri, inquadrare nel triangolo di mira alzo zero, seccamente ordina al servente Tosi il caricamento di un proiettile perforante poi urla fuoco.
Il Panzer che non aveva minimamente rallentato la sua andatura incassa il colpo in pieno, un boato e si ferma incendiandosi. Non passa un istante che il successivo carro tedesco reagisce insieme agli altri vomitando fuoco a ripetizione, tutta la colonna tedesca spara.
E’ un inferno, Battaglia è colpito da una scheggia che gli penetra nella scapola ma urla ancora di ricaricare. Un altro colpo secco parte dal cannone e colpisce in pieno il secondo Panzer della fila, non è più possibile capire nulla, una tempesta di acciaio si abbatte su quegli uomini, Tosi ripetutamente ferito è dissanguato, la testa del fante Vecchi viene staccata di netto ed il cervello si spalma sulla culatta del cannone mentre Battaglia colpito altre due volte si trova coperto dai visceri del soldato Tosi, Battaglia grida ancora incitando i suoi uomini ma sono già morti.
Il fuoco tedesco non cessa, la colonna passa oltre e Battaglia ode i tedeschi gridare “kaputt”, rimane a terra coperto di sangue insieme ai tre fanti dilaniati dalle bombe. Per circa 20 ore, Battaglia rimarrà semiagonizzante agitando inutilmente la mano per invocare aiuto, come in un terribile incubo senza fine che ricorda ancora oggi con orrore, attende la morte cercando di scacciare i corvi che svolazzavano intorno attirati dall’odore del sangue.
A meno di 200 metri nei due carri altri uomini, orribilmente squarciati, giacciono abbandonati anche loro. Soltanto nel pomeriggio del giorno dopo un ufficiale italiano tornato sul posto trasporta Battaglia in una coperta, con l’aiuto di alcuni contadini, nella casa del sindaco di Calavarda. Trasportato quindi in una Balilla all’ospedale di Rodi vi rimarrà in bilico tra la vita e la morte sino a dicembre del 1943. Ma ormai Rodi così come tutte le altre isole dell’Egeo sono in mano nazista. Alcuni giorni dopo Il cap. Piraino riesce a dare sepoltura ai tre eroi sconosciuti. Battaglia fortunosamente rientrato in Italia sulla nave ospedale Gradisca è l’unico sopravvissuto.
Tormentato dal ricordo di quell’episodio e dalla responsabilità per la morte dei suoi valorosi uomini, negli anni seguenti al conflitto cercò di rintracciare i familiari dei suoi sottoposti per testimoniare il loro eroismo e confortare in qualche modo le famiglie. Commovente è il carteggio che si scambiarono.
Soltanto molti anni dopo nel 1952, grazie all’opera di Battaglia ed alla testimonianza di altri ufficiali, venne alla luce questo episodio di fulgido eroismo e furono concesse tre modeste medaglie di bronzo al valor militare ai fanti Tosi, Vecchi e Crociani, mentre Battaglia aveva già ottenuto quella d’argento nel 1945.
Questi eroi sono rimasti al loro posto consapevoli di una morte certa mentre gran parte degli alti ufficiali di Egeomil cercavano scampo o patteggiavano la resa, non dimentichiamoli e rendiamo onore alla loro memoria.
“Until the day breaks, and shadows flee away.”