Queste pagine sono tratte dal libro di Gino Manicone “Nei Cieli del Levante”. L’autore, all’epoca aviere della Regia Aeronautica, è stato testimone degli avvenimenti narrati, di cui ci fornisce un quadro puntuale e lucido. Egli non riuscì a fuggire dall’isola, catturato dai tedeschi, condivise con gli altri militari italiani i due interminabili anni di prigionia, fame, violenze inflitti loro dai tedeschi. Al rientro in Patria, nel 1945, fondò insieme ad altri l’Associazione Reduci dell’Egeo. I suoi scritti sono una preziosa testimonianza di queste vicende che non devono essere dimenticate.
La genesi della penetrazione tedesca a Rodi
La genesi della penetrazione tedesca nelle isole dell’Egeo ebbe inizio nel gennaio 1943 con l’invio nell’arcipelago di due batterie contraeree da 88 mm. per rinforzare la difesa dei due aeroporti dell’isola di Rodi. Gli accordi prevedevano, però, che il personale militare germanico, una volta addestrato quello italiano, doveva essere ritirato per raggiungere i comandi di provenienza. Ciò, però, non avvenne nella previsione dell’arrivo di altre batterie. Il 20 gennaio 1943 giunse a Rodi il Ten. Col. germanico Hof, specialista in questioni di artiglieria per la difesa costiera. Il Ten. Col. Hof era accompagnato dal Maggiore Wolk dei pionieri e da altri ufficiali compresi tecnici e disegnatori. Nei giorni che seguirono giunse a Rodi anche il Colonnello di Stato Maggiore Von Busse che si occupò minuziosamente dello schieramento delle nostre artiglierie criticandolo. Anche il Colonnello dei Pionieri Messerschmit effettuò una visita accuratissima nello schieramento italiano durata tre gioni. Nei mesi successivi gli ufficiali del Ten. Col. Hof furono rinforzati con altro personale facendo capire che la loro presenza nell’isola stava ormai diventando stabile. Furono richiesti altri locali dentro il castello e furono compiute visite a Lero e Scarpant~o. Il Comando Italiano chiese ufficialmente la data della fine dei lavori ditale commissione e tale richiesta generò molto risentimento fra i germanici e provocò una risposta ufficiale del seguente tenore:
«la Commissione doveva continuare a rimanere a Rodi». Vi rimase, infatti, fino all’aprile 1943 in concomitanza con l’arrivo del primo battaglione di granatieri d’assalto completamente motorizzato. Nel mese di maggio giunse nell’isola un altro Colonnello in vista dell’imminente arrivo di altri due battaglioni che giunsero a Rodi parte per via mare e parte per via aerea. Verso la fine di giugno giunse nell’isola anche il Gen. Kleemann più anziano del Gen. Scaroina, Comandante della Divisione Regina, schierata nell’arcipelago italiano dell’Egeo. Subito dopo il suo arrivo il Gen. Kleemann comunicò la formazione nell’isola di Rodi della Divisione Corazzata «Rhodos», come riserva centrale mobile.
Inframmezzati a questi reparti giunti nell’isola senza la previsione ed il consenso delle autorità militari locali seguirono altre visite delle alte gerarchie militari germaniche. Nel mese di maggio ci fu la visita dell’Ammiraglio Friche, Comandante in Capo della Reisch marina del Settore Sud e soprattutto del Feld Maresciallo Kesserling una presenza assai riservata ma della quale è diretta testimone la signora Fiammetta Faralli, figlia del Vice Governatore Civile Igino Faralli allora una vivace fanciulla di dodici anni. La signora Fiammetta racconta che un giorno ritornando dalla spiaggia della cosiddetta punta della sabbia entrò come al solito di corsa nella Hall dell’albergo delle rose, facendo schiamazzi. Venne subito raggiunta dal portiere che la redarguì, dicendo di fare silenzio perché nell’attiguo salone era in corso una importante riunione con la presenza del Maresciallo Kesserling. Alla visita di Kesserling il 5 giugno seguì quella del Gen. Wassel con lo specifico compito di controllare la capacità c-c (capacità controcarro esistente nell’isola).
Contemporaneamente a tali controlli il 21 maggio 1943, da parte tedesca erano state predisposte le prime direttive operative del famoso Piano «Kostantin», successivamente trasformato di «Achse». In tale occasione fu lo stesso Hitler ad ordinare al Gen. Kleemann di mantenere ad ogni costo l’isola di Rodi sia contro attacchi dall’esterno sia dall’interno ad opera della guarnigione italiana (G. Screiber Op. n. i pag. 82).
A tale manifesto andirivieni di tedeschi nell’isola di Rodi sarebbe dovuta seguire particolare attenzione da parte delle autorità militari italiane e prendere le dovute contromisure ma i vertici militari italiani di Rodi continuarono imperterriti a lucrare quella insolita e prolungata vacanza tra struscio e baciamani per le signore nella fascinosa piazza del Mandracchio. I nostri reparti addetti alla difesa costiera continuavano a guardare sempre più stancamente il mare mentre il vero nemico si era già potentemente istallato alle loro spalle.
Molto significativo e puntuale il commento che su tale periodo ne fa lo Iuso (Op. 19 pag. 82) il quale afferma: «a partire dal 25 luglio in poi la situazione ebbe a modificarsi in modo sempre più evidente. La lettura del diario della Divisione «Rhodos» in proposito ci fornisce un quadro chiarissimo sulle idee dell’alleato germanico, offrendoci per converso un contesto tragicamente statico da parte italiana che, tranne rari casi, rimase pressoché immutato fino all’armistizio».
Il 25 luglio 1943 anche a Rodi, la caduta di Mussolini venne festeggiata come una festa politica non solo dalla popolazione ma anche dai Generali non rendendosi conto che tale avvenimento sul piano militare metteva in una luce sinistra anche la situazione dei territori italiani esterni ed in particolare Rodi con la presenza dei carri armati «tigre» che certamente non erano giunti nell’isola per finalità turistiche.
Già nel maggio 1943 il Comando Supremo Germanico aveva iniziato i preparativi per contrastare adeguatamente il prevedibile ribaltamento delle alleanze da parte italiana. Tali preparativi vennero estesi anche nelle zone esterne di dominio italiano e quindi anche alle isole dell’Egeo (J. Peterson).
Tali preparativi consistevano soprattutto nella conoscenza della dislocazione dell’apparato logistico delle nostre truppe. Tutti quegli altri ufficiali che nel primo semestre del 1943 girarono per lungo e per larro l’isola di Rodi sempre ricevuti dai nostri con estremo riguardo erano li per studiare ed organizzare la distruzione dei loro gentili ospiti. Nel rapporto che il Gen. Kleemann fece ai suoi diretti dipendenti la stessa notte della caduta di Mussolini dette loro le istruzioni sulle misure da prendere nel caso di defezione dei reparti italiani, precisando che una qualunque resistenza, così come ordinato da Fuhrer andava superata anche ricorrendo all’uso delle armi. Il 29 luglio al Comando della Divisione Tedesca giunsero ulteriori ordini sulla situazione e sulle misure definitive da adottare all’entrata in vigore della parola convenzionale «Achse». Tali misure vennero a sua volta dal Gen. Kleemann, trasmesse alla truppe dipendenti. come ordini operativi. Alle ore 22,10 del 30 luglio ulteriori precisazioni dell’O.K.W. decisero che per le truppe italiane «o disarmo o distruzione».
La situazione di stallo delle autorità militari italiane di fronte a tali particolri avvenimenti, secondo lo Iuso precipitò quasi nel paradossale quando il giorno seguente e cioè il 31luglio il Gen. Scaroina (Comandante della Divisione Regina) comunicò alle proprie truppe alcune disposizioni che vennero portate a conoscenza della Divisione «Rhodos» del seguente tenore: ~<è necessario che i comandi tedeschi, in caso di necessità possano avere la massima libertà di movimento e siano perfettamente edotti non solo sul terreno in cui dovranno operare ma anche sull’articolazione e la forza dei reparti responsabili della difesa… Dispongo quindi che i comandi in indirizzo non lascino niente d’intentato per fare in modo che gli ufficiali tedeschi abbiano sempre un chiaro quadro della situazione e della dislocazione ed entità delle forze impiegate in modo tale che i loro reparti possano integrarsi nel sistema difensivo dei nostri…» desidero che vengano in tale senso intraprese proprie iniziative in modo che questo obiettivo possa essere raggiunto nel più breve tempo possibile (Op. 19 pag. 85).
La situazione nell’isola di Scarpanto non fu tanto diversa da quella di Rodi perchè anche in detta isola all’inizio del mese di agosto e fino a] successivo 6 settembre sbarcò un intero battaglione (60 Battaglione del 999 Festung Jnfanterie) con 1.000 uomini sotto il comando del Cap. Bethge
con la stessa strategia occulta antitaliana ma con l’ufficiale compito di collaborare alla difesa dell’isola. Da notare che i reparti che portavano la sigla 999a erano composti tutti da rigetto di galera, persone già condannate che dovevano riabilitarsi attraverso le imprese di guerra.
Non contenti ditale ingerenza tedesca nelle isole di Rodi e di Scarpanto il Comando del Settore Sud di stanza in Grecia cercò di porre alle sue dipendenze anche EGEOMIL, tentativo che non riuscì, ma è interessante riportare il contenuto di una lettera che l’Ammiraglio Campioni scrisse in data 31 marzo 1943 al Sottocapo di Stato Maggiore della Marina militare per tenerlo al corrente in piena franchezza delle intenzioni dei tedeschi: < quì è cominciata da un po’ una invasione di tedeschi da tutte le parti ed in tutti i campi, tanto da far dire scherzando da uno dei loro ufficiali che è qui di collegamento «dopo aver invaso tutto ora invadono anche Rodi (è un austriaco). Due ufficiali tedeschi mandati qui dal nostro Stato Maggiore come pratici di fortificazioni per usufruire della loro esperienza e dare qualche suggerimento, si sono istallati qui per due mesi per scoprire l’uovo di Colombo! Auff! scusa il piccolo sfogo».